Arrosto e bollito

Si racconta che la salute di Carlo Magno peggiorò nei suoi ultimi anni, a causa della gotta; i medici gli erano particolarmente odiosi, poiché lo esortavano ad abbandonare gli arrosti, a cui era abituato, per passare alle carni lessate. Era solo una questione di gusto? Dietro al rifiuto di Carlo ci sono precise valenze sociali!

L’arrosto e il bollito giocano ruoli contrapposti sul piano simbolico: l’arrosto sta dalla parte delle cose “selvatiche”, poiché non richiede che il fuoco sul quale cuocere direttamente la carne. Che altro potremmo raffigurarci al termine delle battute di caccia, che riempivano la vita degli aristocratici medievali, se non un animale allo spiedo a girare sulla fiamma viva?

Il bollito è legato alla “domesticità”, alla donna e alla casa, ambito naturale di questo tipo di preparazione. Cuocere in pentola era collegato al concetto del non “sprecare mai nulla”, e infatti, il brodo ottenuto era riutilizzato per altre preparazioni.

È forse in seguito a tutte queste interpretazioni, se ancora oggi continuiamo a classificare l’arrosto una nobile portata per occasioni speciali e il bollito una pietanza rustica e plebea.

Musici e sbandieratori

Ad accompagnare questi tre giorni di festa, come sempre, è il gruppo Musici et sbandieratori de Petracha! Al suono potente dei tamburi, ecco le bandiere che volano alte, stagliando al cielo i colori blu e oro di Peraga. 

Anno dopo anno, questi giovani ragazzi pieni di passione si impegnano a creare spettacoli sempre nuovi, ricchi di evoluzioni e giochi d’abilità. Con costanza e dedizione, eccoli esibirsi nuovamente in elaborate coreografie, decisi a meritare i calorosi applausi del loro pubblico.

Sbandieratori

La bottega del sarto

Come ci si vestiva nel 1300? Visitate la sartoria, dove sono esposti abiti sontuosi e stoffe pregiate che ricalcano le mode dell’epoca! 

In questa piccola bottega, con cura e precisione, vengono confezionate le vesti tipiche indossate dalle dame e i messeri del medioevo, dai capi più umili ai più elaborati: una completa panoramica di un’arte di bottega tra le più rinomate e prestigiose, con i suoi strumenti, aneddoti e tradizioni. Scopriamo lo stile e i gusti dell’epoca, dalla sobrietà popolana allo sfarzo nobiliare.

Volete mettervi nei panni delle genti del Medioevo? Chiedete pure alla sarta di farvi provare qualche abito, ed immergetevi appieno nell’atmosfera del castello!

La birra nel Medioevo

“Vinum est donatio dei, cervetia traditio umana”

“Il vino è un dono degli déi, la birra una tradizione umana”

Con la caduta dell’Impero Romano e il progressivo abbandono dei campi, furono i monasteri a recuperare le conoscenze di produzione e conservazione della birra, antiche di secoli.

Nel XIII secolo si scoprì che il luppolo permetteva di conservare più a lungo i fermentati di cereali, ricavati da orzo, frumento e farro. Anche la frutta spontanea iniziò ad essere usata per aromatizzare le birre, assieme ad altre spezie ed erbe. 

Il “birrificio” era un ambiente presente in tutti i monasteri, soprattutto nell’Europa del Nord, servendo i monaci come alternativa al vino e come riserva in mancanza di acqua pulita; l’importante era berne ad satietatem e non ad ebrietatem!

La birra, chiamata anche “bevanda delle anime”, veniva data come ricompensa ai cavalieri durante i tornei, e ben presto la sua produzione divenne esclusiva di vere e proprie confraternite di monaci esperti, con stretti protocolli di segretezza; il ricavo economico andava tutto in beneficenza.

Il piscato

Nel Medioevo si faceva un grande uso del pesce, soprattutto visto il ruolo che gli attribuiva la religione Cristiana: Gesù divise i pani e i pesci, gli apostoli erano pescatori, il simbolo grafico del cristianesimo era il pesce, e si pensi al divieto di consumare carne in Quaresima.

Nei monasteri se ne mangiavano grandi quantità, poiché era ammesso da tutte le regole. Nei torrenti vicini si pescavano: trote, anguille, lasche e in modo particolare gamberi, e alcuni monasteri avevano addirittura vasche d’allevamento.

Il pesce era talmente adoperato che ogni centro abitato aveva almeno un punto di vendita adibito al commercio di questo alimento. Le leggi erano molto severe: erano frequenti i controlli della freschezza, e i pescivendoli dovevano liquidare tutto il pescato nello stesso giorno; non si potevano né sedere né appoggiare, e infatti ancora oggi stanno in piedi. Era severamente proibito vendere pesce “luvato” (cioè intossicato).