Fu nel Medioevo che la “pasta”, per come la intendiamo oggi, iniziò a comparire, grazie alla nuova consuetudine, portata avanti fino ai giorni nostri, di bollire la pasta nell’acqua, nel brodo e talvolta nel latte. Il procedimento di essicazione prevedeva che fosse esposta al sole per qualche tempo, poi posta in luoghi chiusi riscaldati da bracieri, garantendo così “di affrontare anche viaggi verso destinazioni lontane senza deteriorarsi”.
Grazie agli scambi commerciali via mare, promossi dalle città marinare italiane, l’uso della pasta essiccata raggiunse presto tutta la penisola. Qui il grano importato dalla Sicilia veniva lavorato sulle coste dove il clima mite e temperato costituiva garanzia di perfetta essiccazione del prodotto. In un documento del 1244, conservato presso l’archivio di stato di Genova, troviamo citato per la prima volta il termine “pasta”, che venne poi definita più genericamente con il termine di “maccheroni” (derivato da “maccari”, ossia schiacciare, l’azione fatta lavorando la pasta di semola di grano duro). In un documento del 1284, conservato all’Archivio di stato di Pisa, si dà notizia della vendita di “vermicelli”.
I ricettari del tempo consigliavano inoltre di mangiare la pasta con un attrezzo di legno appuntito, indicazione che farebbe sospettare la precoce diffusione della forchetta in ambito italiano.