Le autorità religiose imponevano tutta una serie di divieti e obblighi: il calendario liturgico stabiliva di alternare i menù grassi e quelli magri, di astenersi dalla carne durante la Quaresima e i giorni di vigilia, e toccava il digiuno nei giorni precedenti delle più importanti festività religiose.
Gli ecclesiastici erano quindi grandi consumatori di pesce e verdure, ma dove il curato di campagna si accontentava di fave e ceci, il canonico aveva invece accesso a cibi più prelibati, come l’anguilla, cucinata e speziata con ogni cura. Giotto di anguille era Papa Martino IV, passato alla storia più per l’appetito che per l’impegno pastorale, tanto che Dante lo confinò in purgatorio.
Questi divieti potevano riguardare anche gruppi di persone, come i monaci benedettini, a cui era vietata la carne dei quadrupedi e inizialmente anche quella dei volatili; i Cistercensi avevano per regola una mensa molto frugale: da Pasqua a Pentecoste era concesso un pasto unico, eccezion fatta per la domenica in cui ne venivano serviti due.