Nel Medioevo non si ordinavano le portate in primo, secondo e contorno, ma sulle tavole potevano trovarsi tranquillamente piatti dolci alternati a quelli salati; la gastronomia antica apprezzava molto il gusto “agrodolce”, ottenuto accostando alimenti zuccherini con aceto o agresto (succo acido dell’uva acerba).
I menù dei signori prevedevano una serie di servizi in successione: si iniziava con frutta di stagione e insalate, che preparavano lo stomaco, per poi passare ad alimenti più acidi. Seguivano i piatti in salsa, chiamati “brodetti”, quali ravioli, zuppe o minestre. Quindi le carni lessate o in salsa speziata, che precedevano le carni arrosto e la selvaggina allo spiedo (molto richiesti erano i colombi spalmati di miele e passati alla brace con erbe aromatiche).
Dopo una pausa intermezzata da musica e danze, arrivavano i dolciumi e i formaggi, frutta secca o candita, e dolci leggeri, innaffiati con ipocrasso o malvasia, che chiudevano lo stomaco e avevano un effetto digestivo.