L’incendio al castello
Anno domini 1319. Quella del 4 ottobre è una notte che il borgo di Peraga non potrà mai dimenticare. Iacopo da Carrara, signore di Padova, è messo alle strette dall’incessante avanzata di Cangrande della Scala. I campi sono devastati, la gente è spaventata, gli avamposti e le città, ormai indifendibili, vanno arrendendosi una dopo l’altra all’invasore veronese, che diventa una minaccia sempre più vicina.
Non vi è altra soluzione: per impedire al nemico di compiere ulteriori razzie e bloccargli i rifornimenti, viene presa la dura decisione di dare tutto alle fiamme; con la tecnica della “terra bruciata”, Iacopo guadagnò tempo prezioso per organizzare un efficace contrattacco, liberando alla fine il territorio della sua signoria.
Tra i villaggi sacrificati alla vittoria del proprio signore, Peraga bruciò, in un ultimo atto di lealtà. Negli occhi della gente che fuggiva con i propri averi, risplendevano le fiamme dell’incendio, stagliandosi alte nel cielo notturno. Ecco l’atto finale di PeragaMedievale 2024, che vi dà l’ultimo saluto con lo spettacolo pirotecnico “Anno domini 1319”, domenica 2 giugno alle 23.00.
Battaglia
L’aria si fa tesa a PeragaMedievale: le compagnie d’armi sono schierate e pronte a darsi battaglia per conquistare il Castello!
Le armi sono affilate e le armature lucidate, i vessilli sventolano fieri al vento, mentre i guerrieri si preparano allo scontro. La notte presto risuonerà delle grida e dei colpi di coraggiosi combattenti e agguerriti mercenari, pronti a dare la vita per prevalere sugli avversari.
E tra uno scontro e l’altro, il meritato riposo! Tende, braci, letti e tavole imbandite per l’intera compagnia; spesso i guerrieri si portavano appresso anche le loro famiglie. Una fedele ricostruzione della quotidianità di un accampamento militare nel Medioevo, in attesa tra la quiete e la tempesta.
La grande battaglia per il Castello dei Da Peraga avrà luogo sabato sera alle 22.00, con l’evento d’arme “A.D. 1319, Vigontino in fiamme”.
L’ordine delle portate
Nel Medioevo non si ordinavano le portate in primo, secondo e contorno, ma sulle tavole potevano trovarsi tranquillamente piatti dolci alternati a quelli salati; la gastronomia antica apprezzava molto il gusto “agrodolce”, ottenuto accostando alimenti zuccherini con aceto o agresto (succo acido dell’uva acerba).
I menù dei signori prevedevano una serie di servizi in successione: si iniziava con frutta di stagione e insalate, che preparavano lo stomaco, per poi passare ad alimenti più acidi. Seguivano i piatti in salsa, chiamati “brodetti”, quali ravioli, zuppe o minestre. Quindi le carni lessate o in salsa speziata, che precedevano le carni arrosto e la selvaggina allo spiedo (molto richiesti erano i colombi spalmati di miele e passati alla brace con erbe aromatiche).
Dopo una pausa intermezzata da musica e danze, arrivavano i dolciumi e i formaggi, frutta secca o candita, e dolci leggeri, innaffiati con ipocrasso o malvasia, che chiudevano lo stomaco e avevano un effetto digestivo.